Teatro e carcere? Vi sembra uno strano connubio? E invece no, si può. Eccome. Soprattutto se si parla di ragazzini. Ce lo spiegano i creatori del progetto, progetto che nasce appunto dalla volontà dell’attore e regista Giuseppe Scutellà e dell’attrice Lisa Mazoni di promuovere lo studio e la divulgazione dell’arte teatrale come strumento di intervento sociale.
Puntozero è un’associazione senza scopo di lucro nata nel 1995 che realizza presso l’Istituto Penale Minorile C. Beccaria di Milano laboratori teatrali professionali inerenti la recitazione e i “mestieri del teatro”. Puntozero collabora con tecnici professionisti del Piccolo Teatro Teatro alla Scala; l’associazione, inoltre, si avvale della collaborazione di studenti universitari delle facoltà di Scienze dei Beni Culturali, Scienze Politiche e Scienze dell’Educazione. Il lavoro ha avuto il sostegno e la preziosa collaborazione della direzione del carcere CGM/IPM, degli educatori e del corpo di Polizia Penitenziaria.
Qual è stata la miccia che ha fatto partire questo progetto nel 1995?
Avevamo iniziato con un laboratorio di recitazione, poi l’interesse dei ragazzi per il teatro ha fatto si che iniziassimo ad aggiungere laboratori “pratici” come macchinista teatrale, tecnico luci e audio, trucco, sartoria ecc.
Nel corso di questi anni, questi laboratori hanno permesso a molti dei nostri ragazzi di trovare lavoro in strutture come il Piccolo teatro, il Carcano, il Teatro Nuovo e altre strutture che operano nel mondo dello spettacolo.
Come fu accolto il progetto, allora? Umori?
Si ha paura di ciò che non si conosce, e questa fu la prima reazione dei nostri ragazzi. Non volevano esporsi in scena, avevano paura di rendersi ridicoli. Poi “la magia del teatro”, quel qualcosa di impalpabile, ha iniziato a lavorare dentro di loro e ora non riusciamo più a farli scendere dal palcoscenico.
Cosa è cambiato – se qualcosa è cambiato -nell’approccio dei ragazzi, oggi?
Quando abbiamo iniziato i nostri laboratori, i minori che erano nel Carcere Beccaria erano più “delinquenti per fame”. Alcuni di loro arrivavano veramente da situazioni di forte disagio economico. Ora molti di loro delinquono per “noia”, per un vuoto che non riescono a colmare in nessun altro modo se non con gesti estremi: furto, rapina, estorsione, bullismo, vandalismo…
Il dato più preoccupante e di cui si parla poco e che oggi al Beccaria i minori italiani hanno eguagliato i minori stranieri, con l’unica differenza che gli italiani sono dentro per crimini più pesanti rispetto ai loro coetanei stranieri. Ci si dovrebbe forse interrogare?
Il teatro riesce ad avere la funzione di “teatro nel teatro”, per questi ragazzi? A far uscire le loro problematiche viste da un altro punto di vista magari mai esplorato prima?
Il teatro ti permette di recitare un altro te. E questo, ai ragazzi, come del resto a tutti, serve per togliersi di dosso quella maschera di cattivo e ribelle che si sono calati addosso. Il teatro è uno strumento che fa conoscere ai ragazzi un nuovo mondo, gli allarga il ventaglio di possibilità dicendo loro: "guarda che per divertirsi e stare al centro dell’attenzione non ti servono sballi artificiali, droghe o gesti estremi (rapine, furti, risse ecc.), basta salire su quelle tavole che sono il palcoscenico e lì sarai quello che vuoi, nessuno ti negherà l’ascolto."
Dicevi che alcuni dei ragazzi che hanno seguito il progetto, hanno trovato un impiego nel settore teatrale. Com’è l’accoglienza effettiva esterna verso i “reinseriti”?
Infatti, molti hanno trovato lavoro in ambito dello spettacolo. Altri che non hanno continuato in questo ambito hanno speso le loro professionalità (quello che hanno imparato nei laboratori) in altri contesti: elettricisti, falegnami, alcuni anche baristi che sembrerebbe non c'entrare nulla col teatro, ma invece il teatro ha permesso loro di acquisire una disciplina lavorativa nel rispetto di un gruppo; e soprattutto ha restituito la manualità, che nelle scuole non si insegna più, a molti di loro.
I ragazzi stessi, finito il loro percorso carcerario, hanno la voglia di “mostrarsi” grazie al teatro o, con cautela, tendono a rimanere dietro le quinte?
Finito di scontare la pena inflitta, molti vogliono continuare, e lo stanno facendo anche ora con gli spettacoli inseriti nella nostra stagione. E’ ovvio che pian piano vogliono scrollarsi di dosso l’etichetta del cattivo ragazzo del Beccaria per essere giudicati attori/tecnici professionisti.
Da dove nasce la scelta del repertorio per questa stagione?
Sono spettacoli che sono nati nei laboratori interni al carcere. Le tematiche e quindi i titoli sono stati scelti per un comune sentire, per parlare di noi attraverso la voce di grandi autori (Sofocle, Sheakespeare ecc.).
Gli altri titoli invece affrontano temi di oggi: emigrazione, terrorismo e vengono scritti in base a discussioni, improvvisazioni fatte insieme.
Puntozero è un’associazione senza scopo di lucro. Ma come fate a portare avanti il progetto, materialmente? Da dove arrivano i fondi?
Dove arrivanao i fondi? In questo momento da nessuna parte. Abbiamo partecipato a progetti europei ma una volta chiuso il progetto si è chiuso il rubinetto soldi. Se ci si pensa è assurdo: riconoscono il problema, riconoscono la validità di cosa e come lo facciamo ma esiste il limite temporale come se ci dicessero: “la delinqunza giovanile va dal 2005 al 2007 poi basta!!!!!”
Abbiamo messo su la prima stagione di teatro carcere minorile per continuare a finanziare il nostro operato e per poter dare borse lavoro ai ragazzi ma per come stanno andando le cose sarà dura: gli spettatori languono e vi assicuriamo che non dipende dalla qualità che viene proposta, anzi chi è venuto e rimasto sorpreso e emozionato da quanto visto.
Speriamo che questa vostra intervista possa far piovere a catinelle spettatori sul nostro teatro.
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